Implicazioni psicologiche della malattia oncologica sul malato e sui suoi familiari

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) stima che nel 2020 la malattia oncologica continuerà ad essere, come oggi, una delle malattie con maggiore incidenza e impatto sociale, anche se i progressi in campo scientifico nella cura delle varie forme di questa malattia hanno cambiato la storia, ma soprattutto migliorato la prognosi di svariati tumori (ad esempio nei tumori al seno o nei tumori dei bambini).

Quali sono le implicazioni psicologiche della malattia oncologica per il soggetto che riceve questa diagnosi e per i suoi familiari? Quali le implicazioni individuali e interpersonali, lavorative e sociali?

La sofferenza psicologica del malato oncologico e della persona “libera da malattia”

I pazienti con una malattia oncologica, in seduta, portano il loro dolore, l’incertezza, la rabbia, il timore che la diagnosi di cancro equivalga ad una condanna a morte, parlano degli effetti traumatici e demolitivi delle terapie, spesso sono molto ansiosi, profondamente demoralizzati e depressi (a causa, ad esempio, della progressiva perdita della capacità lavorativa, del loro ruolo sociale e familiare, delle autonomie personali, …). Una parte significativa delle difficoltà e dei timori sui cui questi soggetti cercano di lavorare durante il percorso psicologico attiene alle conseguenze della malattia nei rapporti con i propri familiari, il coniuge e i figli, in particolare.

Le persone “libere da malattia” (termine che identifica chi ha terminato il ciclo di terapie e che, nei controlli periodici, chiamati follow up, non mostra segni di ripresa di malattia) sono, invece, spesso abitate dalla costante preoccupazione per le recidive.

La difficoltà della persona colpita o guarita da un tumore a chiedere un supporto psicologico

Ci troviamo quotidianamente confrontati, sfortunatamente, con molti pregiudizi e uno stigma sociale verso le manifestazioni di un disagio psicologico, e questo, in particolare nelle persone che soffrono di una malattia oncologica e nei loro familiari, impedisce, o comunque rende significativamente più difficile, avvicinarsi al trattamento psicologico/psicoterapico del disagio emotivo legato alla particolare situazione medica che si sta affrontando. È noto che la mancata attenzione al disagio psichico può alterare negativamente la risposta alle terapie, con possibile influenza negativa sulla prognosi. A maggior ragione nel soggetto affetto da malattia oncologica, ma in tutti, potersi occupare per tempo e con attenzione delle proprie difficoltà di natura psicologica può influenzare positivamente la qualità di vita delle persone, anche di quelle colpite o guarite da un tumore.

La sofferenza psicologica dei familiari di un soggetto affetto dal cancro

La diagnosi di cancro coinvolge tutto il sistema familiare ed è fondamentale non trascurare la sofferenza di coloro i quali si relazionano quotidianamente al loro congiunto malato in quanto, tale diagnosi, è spesso vissuta da tutti come una sentenza di morte, e, quando ciò non accade, ci si può ritrovare “liberi da malattia” a convivere con gli esiti mutilanti e devastanti delle terapie chirurgiche e/o con gli importanti effetti collaterali delle terapie mediche. Tutto questo può portare con sé anche l’inabilità lavorativa e la perdita delle autonomie personali. I familiari di un malato oncologico spesso non si legittimano a chiedere aiuto per se stessi, mentre è importante che si ritaglino uno spazio loro dove depositare la fatica, la rabbia, l’ansia, il dolore, … che provano al fine di recuperare maggiore equilibrio ed essere così risorse più funzionali sia per se stessi, sia per il congiunto malato. Ricordo un uomo che in seduta portò tutto il suo dolore dato dall’impotenza nello stare accanto alla moglie malata e il trauma di questa donna, una bellissima donna, alla quale erano caduti i capelli. Il lavoro psicologico lo aiutò a provare meno dolore per questa condizione di impotenza e questo gli consentì di reagire trasformando questa sua forza ritrovata in un atto creativo che fu, da un lato semplice, quasi banale, ma dall’altro di profonda comprensione e di grande aiuto per la moglie: si rasò completamente la testa anche lui fintanto che la moglie non terminò le terapie.

La speranza nella malattia oncologica

Fortunatamente non tutte le tipologie di cancro hanno esiti infausti, ma anzi, grazie ai progressi della medicina e alle campagne di prevenzione le persone che a cinque anni dalla diagnosi stanno bene e hanno scarsi o poco rilevanti esiti delle terapie a cui si sono sottoposti sono in significativo aumento.

I colloqui con uno psicoterapeuta possono consentire al soggetto di ridurre, o comunque contenere, il disagio psicologico legato alla malattia oncologica integrando il cancro nella propria esperienza di vita e costruendo un proprio senso a questa esperienza così da poter costruire anche dei possibili spazi di positività e di crescita. Il percorso psicologico può portare ad avviare una nuova modalità di comunicazione con la famiglia e l’equipe curante. Non ultimo, è possibile lavorare sul futuro sia che questo sia caratterizzato da libertà da malattia, sia dalla presenza di recidive.

La pratica clinica mostra che gli interventi di natura psiconcologica possono portare il soggetto ad una significativa riduzione di dolore, ansia e depressione, con un conseguente miglioramento della qualità di vita.

Mantenere viva la speranza è fondamentale nell’affrontare questa malattia in quanto, laddove non vi è possibilità di sopravvivere e quindi la speranza non coincide con la guarigione, vi può essere spazio per la speranza di vivere al meglio quanto resta, costruendo le condizioni per non sentirsi mai abbandonati e lasciati cadere o inascoltati, mettendo in ordine le proprie cose senza sentirsi di peso per i congiunti, ma vivendo questo momento come una risorsa per recuperare i rapporti interpersonali e congedarsi con dignità da questa vita con la consapevolezza di aver lasciato una traccia della propria esistenza nelle loro.

Dott.ssa Valentina Carretta