Importanza della relazione madre-bambino

L’importanza della relazione madre-bambino viene sottolineata, oltre che da Sigmund Freud, anche da Donald W. Winnicott, pediatra e psicoanalista, per il quale il neonato nasce in uno stato di totale dipendenza dall’Altro tanto da poter facilmente osservare come non esista un bambino senza una madre, senza una figura che si prenda cura di lui. Lo sviluppo iniziale infantile avviene dentro una relazione, all’interno della diade madre-bambino.

La “preoccupazione materna primaria”

Il bambino quando nasce ha un interlocutore privilegiato al quale si rivolge e questa figura, di norma, è la madre, colei che assicura al piccolo la sopravvivenza. All’inizio della vita del bambino incontriamo una relazione fusionale fra la mamma e il neonato, condizione psicologica denominata da Winnicott “preoccupazione materna primaria” atta a che questa possa comprendere e soddisfare le esigenze che il piccolo presenta, ma che, a sua volta, non conosce e non comprende. È la madre a restituire un senso ai diversi pianti che ascolta, interpretandoli, e cercando di rispondere adeguatamente e coerentemente. La sua funzione è, inoltre, quella di aiutare il neonato a conoscersi, a dare un nome a ciò che prova e sente, lo introduce alla parola, al linguaggio, tant’è che possiamo osservare come sia “soprattutto all’inizio che la madre ha un’importanza vitale, ed è in realtà compito suo quello di proteggere il bambino […] e di continuare ad offrirgli quella piccola, semplice parte del mondo che il bambino, attraverso di lei, riesce a conoscere.” [1].

Il cibo, da solo, non è sufficiente

Mi preme sottolineare, fin dal titolo, che il cuore del nostro discorso attiene alla relazione intercorrente fra madre e bambino, non all’accudimento materiale e alla nutrizione. Questi ultimi aspetti, da soli non bastano affinché il piccolo stia bene e sia sereno. L’essere umano si muove, neonati compresi, almeno su due registri, uno è quello della soddisfazione del bisogno materiale primario, l’altro è quello della domanda d’amore. Risulta quindi fondamentale non confondere questi registri rispondendo, ad esempio, con il biberon pieno di latte ad un pianto che non domanda cibo, ma amore e attenzione particolare.

Lacan evidenzia precisamente la dialettica esistente fra il seno come oggetto e il segno come oggetto, soffermandosi altresì sui concetti di cura e dono quali offerte della madre al bambino, affermando che, ad un certo punto, “gli oggetti, che sinora erano puramente e semplicemente oggetti di soddisfacimento, diventano oggetti di dono da parte di tale potenza [la madre, n.d.a.]” [2] ovvero diventano segni dell’amore della mamma per il bambino, tanto è vero che ora “l’oggetto vale come testimonianza del dono”.

Madre del bisogno e madre del dono

Possiamo quindi notare come la madre possa caratterizzarsi quale madre delle cure ovvero figura che rende possibile la soddisfazione dei bisogni, da un lato e, dall’altro, quale madre del segno, madre del dono d’amore. Parafrasando Winnicott potremmo affermare che la madre sufficientemente buona è colei che riesce, nel prendersi cura del bambino, ad alternare il segno d’amore alla cura, l’assenza alla presenza.

[1] Winnicott, Lo sviluppo emozionale primario (1945), 1991, p. 184
[2] Lacan, Il Seminario Libro IV La relazione oggettuale (1956-1957), 2007, p. 63
[3] Lacan, Il Seminario Libro IV La relazione oggettuale (1956-1957), 2007, p. 64

Dott.ssa Valentina Carretta