La dieta mi è sfuggita di mano. Donne e magrezza.
La scelta di iniziare a perdere peso e sottoporsi ad una dieta può essere un momento importante nella vita di una ragazza o di una giovane donna. Questo percorso ha effetti non solamente sul corpo, ma anche sull’immagine, l’immagine che ciascuna ha di se stessa e che viene a modificarsi, l’immagine che la persona ha alla corte dell’Altro. Il corpo è guardato dal soggetto stesso, ma anche dagli altri, il corpo ci consente di presentarci all’Altro, il corpo ha a che fare con la questione della femminilità che, per ogni donna, è una questione complessa e articolata.
Il discorso sociale contemporaneo
Il discorso sociale contemporaneo ci porta a pensare all’equazione “magra uguale bella” e che se una donna è bella la sua vita privata e professionale sarà più facile. Inoltre, essere belle porta come naturale conseguenza l’essere amate e desiderate, questione esistenziale per una donna, questione per la quale una donna è disposta anche a lasciarsi morire di fame pur di ottenere una risposta al suo “dimmi che mi desideri”, al “fammi sapere se mi puoi perdere”. Questa dinamica nell’anoressia è molto chiara, in alcune occasioni.
La dieta per rispondere all’imperativo contemporaneo
Al fine di rispondere a questo imperativo contemporaneo, sentito quasi come un dovere, è possibile che le ragazze, ma anche le donne più mature, inizino una dieta. L’euforia legata al vedere sulla bilancia il peso che scende, unitamente ai primi complimenti per la nuova linea raggiunta, per il fisico asciutto, per la nuova immagine corporea può portare la persona a proseguire nella dieta anche dopo aver raggiunto il peso inizialmente prefissato. I carboidrati vengono completamente eliminati, le porzioni sempre più ridotte, in alcuni casi anche l’acqua viene razionata, al fine di aderire quanto più possibile all’ideale che ciascuna persona ha in mente e quindi può instaurarsi quel ritornello, molto spesso narrato in seduta dalle pazienti, “ancora un chilo”, “uno solo e poi smetto”, “me ne basta solo uno ancora”, e, a questo punto, si può osservare come la scelta di perdere peso sia sfuggita di mano, trasformandosi o, comunque, gettando le basi, per un disturbo alimentare.
Il ruolo attivo del soggetto
Risulta importante sottolineare come non sia sufficiente la sola spinta sociale alla magrezza, all’avere una determinata immagine, perché il soggetto sviluppi un disturbo del comportamento alimentare. Ciò che fa la differenza è il soggetto stesso, ovvero come la persona risponde a questa pressione sociale, come accoglie e vive sulle sue spalle questa richiesta che viene dall’esterno. Vi sono soggetti più fragili e altri meno, alcuni hanno buone risorse intorno a loro, altri meno, alcuni hanno una capacità di interrogarsi su ciò che sta accadendo loro e altri fanno più fatica. Ciascuno a suo modo risponde, qualcuno risponde con l’anoressia o la bulimia o, per meglio dire, con l’anoressia-bulimia (non sempre, infatti, si possono separare nettamente i due disturbi che si alternano).
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