Non riesco a rimanere incinta. Donne e difficoltà di concepimento
“Dottoressa vengo da Lei perché non riesco a rimanere incinta e, prima di intraprendere la PMA (procreazione medicalmente assistita) vorrei provare la strada della psicoterapia”
L’articolo “Gravidanza e frustrazione. Maternità: dovere o desiderio?” si concludeva con un interrogativo: “Cosa accade quando ‘fare un figlio’ diventa una voce nella colonna ‘dovere’ e non nella colonna ‘desiderio’?”
La risposta che clinica contemporanea mostra è che, con significativa frequenza, il figlio non arriva, la donne non riesce a rimanere incinta, a concepire.
Svegliarsi nel cuore della notte per un incubo ricorrente attorno alla maternità, avere un pensiero ossessivo intorno al tema della gravidanza, soffrire di attacchi di panico e ansia ogni volta che una persona, amica, collega, conoscente, … annuncia di aspettare un bambino, all’ansia provata ogni mese davanti al test di gravidanza per vedere se si è rimaste incinta, sono indicatori di un “troppo”.
Nella mia pratica clinica mi trovo ad ascoltare il dolore e la frustrazione delle donne che, laddove un figlio non arriva nei tempi previsti, iniziano a soffrire di disturbi d’ansia, facile irritabilità, sensi di colpa, difficoltà del sonno, e, a cascata, problemi di coppia.
Come poter fare i conti con una mancata maternità laddove gli esami medici non evidenziano problematiche cliniche negli aspiranti genitori?
Non si tratta di un tema facile o veloce da elaborare, la frustrazione e il senso di impotenza possono essere molto grandi e difficili da affrontare in solitudine.
La società contemporanea spinge nel cercare di ottenere tutto e subito, a qualsiasi costo, e così tante coppie, negli anni, non riuscendo a concepire, hanno iniziato percorsi di procreazione assistita, senza riuscire più di tanto a soffermarsi su questa scelta, sulle implicazioni di questo cammino, approcciandovisi quasi con lo stesso spirito con cui si entra in una concessionaria per acquistare una nuova auto. A domanda corrisponde oggetto di soddisfacimento della stessa. Ma restare o meno incinta può rispondere a questa logica?
E se, invece, un figlio che attende ad arrivare fosse una buona occasione per ritrovarsi come coppia? Per interrogarsi su questo desiderio genitoriale?
Anche laddove la coppia, ma soprattutto la donna, inizi un percorso di procreazione assistita, la pratica clinica mette in evidenza come un supporto psicologico psicoterapico possa giovare profondamente sia all’inizio sia durante tale percorso che, non sempre, dà i risultati sperati.
L’incontro con la frustrazione dovuta al non rimanere incinta
Il mancato arrivo di un figlio secondo i tempi preventivati espone il soggetto all’incontro con la frustrazione, con un “no”, impone un ridimensionamento di quel senso di onnipotenza che abita la vita, del poter fare e decidere tutto, senza, in fondo, tener veramente conto dell’Altro, in prima battuta del figlio agognato.
L’occasione laddove non ce lo si aspetta
Grazie all’ascolto delle donne che incontro in Studio ho potuto osservare come questo momentaneo arresto di fronte al concepimento, laddove elaborato attraverso un percorso personale di psicoterapia, si sia trasformato in una splendida occasione di crescita per il soggetto e per la coppia, nella possibilità di uscire da una logica consumistica e/o narcisistica – dove anche i figli rischiano di inserirsi – e di allontanarsi da quel vorticoso e travolgente susseguirsi di eventi a catena che non consente di fermarsi a riflettere su ciò che veramente si desidera. Le mie pazienti riferiscono come tutto questo, alla fine, dopo la rabbia, l’ansia e la frustrazione iniziale, abbia invece consentito loro di ritrovarsi, di rilanciare la coppia, di interrogarsi sul proprio desiderio e di riappropriarsi del proprio tempo, di quel tempo soggettivo che è proprio di ognuno.
Non riesco a rimanere incinta: cosa fare
L’approccio clinico che incontrerai nelle nostre sedute è di tipo psicoanalitico lacaniano. Cosa significa di preciso? Significa che il principio basilare che orienta la mia pratica analitica è l’attenzione a quel che il paziente dice, al testo del paziente. Il colloquio psicoanalitico è caratterizzato dall’ascolto in quanto al centro vi è la parola del soggetto e non il sapere dello specialista che eclissa il discorso del paziente. Durante le sedute sono interessata a cogliere il senso singolare che ciascun paziente attribuisce ai suoi sintomi per poterlo aiutare. Pongo al centro l’ascolto per valorizzare la parola del soggetto e la posizione dalla quale questi dice ciò che dice.
Il disagio legato a quanto stai vivendo in questo momento può essere superato parlando con una specialista che ti aiuterà stando al tuo fianco senza giudicarti.
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