Separazione e incontro: uno sguardo sull’insorgenza delle dipendenze in adolescenza

Le dipendenze dalla droga, dall’alcool, dal cibo, dai social network, dal gioco d’azzardo, … sono spesso additate come uno dei mali della società contemporanea.
Se ci soffermiamo ad osservare con maggiore attenzione questi fenomeni, ma soprattutto osserviamo l’approccio della persona dipendente al suo oggetto-dipendenza, possiamo notare un paradosso importante: ciò che dalla società (punto di osservazione esterno) è visto come un problema, dal soggetto (punto di osservazione interno) è visto come una soluzione perché la droga, l’alcool, il cibo, i social network, il gioco d’azzardo, … si configurano invece come la risposta a un problema. È certamente paradossale, in apparenza, ma questo rapporto con l’oggetto-dipendenza rappresenta una soluzione che il soggetto ha trovato, non un problema. È una soluzione fallimentare, una soluzione patologica, ma, innanzitutto, una soluzione, una stampella che il soggetto utilizza, quindi dotata di un senso e, per questo motivo, è una scelta che si può interrogare. Non bisogna dimenticare che attraverso il sintomo il soggetto lancia un messaggio ed esprime ciò che a parole non riesce a trasmettere.

La mia proposta, mediante questo breve articolo, è di riflettere un momento sull’insorgenza delle dipendenze in età adolescenziale esaminando questo tema – certamente molto più vasto ed articolato – per mezzo di due parole chiave: separazione e incontro.

  1. Nell’articolo ““Forza figliolo andiamo” Due note sulla funzione paterna” ci siamo soffermati sulla funzione del padre come colui che permette la separazione fra la madre e il bambino.
    Se in questi movimenti di separazione qualcosa fa cortocircuito è possibile che il soggetto ricerchi oggetti alternativi per fare fronte a questa sua esigenza di crescita. Questi sono i cosiddetti “oggetti-dipendenza” (droga, alcool, cibo, social network, gioco d’azzardo, …) che però forniscono solamente l’illusione di funzionare come sani e costruttivi oggetti transizionali (Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese, coniò l’espressione “oggetto transizionale” per designare quell’oggetto che permette al bambino di attuare una prima separazione dalla madre, tollerando l’angoscia derivante da questa e sperimentando una relazione d’affetto verso altro da sé. Sono tutti quegli oggetti verso i quali i bambini manifestano un profondo attaccamento e che spesso diventano di importanza vitale, prima di andare a dormire, ad esempio un orsacchiotto o la ben nota coperta di Linus. Il paradosso è che questo oggetto non appartiene né al mondo interno né alla realtà esterna, si colloca in uno spazio intermedio, transazionale, ed è un oggetto nello stesso tempo creato e trovato dal bambino). Questi “oggetti-dipendenza” costituiscono, a lungo andare, delle strategie destinate al fallimento dal momento che forniscono solamente un sollievo temporaneo ad un problema ben più radicato.
  2. Nell’articolo “L’enigmatico incontro con l’altro ai tempi dell’adolescenza” ci siamo invece soffermati sulla difficoltà dell’incontro con l’altro, in particolare quello sessuale.
    Se questo primo incontro viene vissuto come un fallimento – in concomitanza con altri fattori di rischio già presenti – è possibile che possa diventare quella “goccia che fa traboccare il vaso” dando luogo ad un primo esordio sintomatologico. Nell’anoressia, più sul versante femminile, possiamo notare il tentativo del soggetto di cancellare dal proprio corpo i caratteri che segnano la sessuazione (l’amenorrea, ovvero la scomparsa del ciclo mestruale, è uno dei criteri diagnostici presenti nel DSM, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). Nella tossicomania, più sul versante maschile, possiamo invece incontrare il tentativo del soggetto di avere un partner sicuro e affidabile che non possa deludere, ovvero la sostanza.

In entrambi i casi, mediante diverse strategie, il soggetto cerca di mettersi al riparo da questo incontro impossibile con l’altro, con il simile.
Notiamo la rinuncia rispetto ad una separazione dagli oggetti rassicuranti infantili, a favore di oggetti che garantiscono un godimento sempre identico e disponibile, piuttosto che il rischio dell’amore.
Possiamo quindi accorgerci come questi “oggetti-dipendenza” abbiano una funzione ben specifica rispetto a questa cortocircuitata separazione o a questo difficile incontro con l’altro.

Gli “oggetti-dipendenza” offrono una garanzia, una sicurezza, mentre la donna, l’uomo, l’amico, possono lasciarci, abbandonarci, tradirci, deluderci, la droga, l’alcool, il cibo, i social network, il gioco d’azzardo, … sono sempre a nostra disposizione e ci permettono di non incontrare l’altro. Sono, fondamentalmente, una modalità di separarsi senza però esporsi veramente all’incontro con l’altro.

Dott.ssa Valentina Carretta