“Noi siamo al tuo fianco!” è una frase che spesso si dice ad una persona in difficoltà, che i genitori dicono per aiutare i figli, per farli sentire meno soli nell’affrontare una situazione difficile. Quanto è faticoso però? Quanto porta sofferenza e senso di impotenza vedere un figlio che soffre?
Nell’infanzia i genitori sono il luogo primario nel quale il bambino vive e questo contesto è la principale fonte, per lui, di benessere e malessere. Se consideriamo che i disturbi alimentari che insorgono in adolescenza affondano, come qualsiasi altro disturbo psicologico, le loro radici nell’infanzia, è possibile osservare come, all’interno delle famiglie, vi siano:
dei fattori di rischio rispetto all’insorgenza di tali disturbi (per esempio a causa di disagi psicologici irrisolti dei genitori, ovvero di dinamiche relazionali disfunzionali all’interno della coppia genitoriale)
dei fattori di protezione importanti (per esempio un’attitudine familiare al dialogo e alla messa in parola delle proprie emozioni o una funzione di limite funzionante e simbolicamente importante).
L’insorgenza o meno di un disturbo alimentare – o di un altro sintomo – dipende da come i fattori di rischio e protezione si intrecciano, unitamente al loro intersecarsi con un altro vasto insieme di fattori personali, familiari, amicali, sociali troppo vasto e soggettivamente singolare da poter esplicitare in un articolo. Il punto che ritengo non vada mai dimenticato, è che ogni soggetto è diverso dall’altro e ogni soggetto ha la sua storia personale, il suo vissuto, la sua sensibilità e la sua singolare modalità di incontro e gestione delle proprie emozioni.
Queste brevi righe ci sottolineano come le cause legate all’importante diffusione dei disturbi alimentari, non solo in adolescenza e in età adulta, ma anche nei bambini, non possano essere ricercate esclusivamente all’interno della famiglia, ma sia necessario guardare anche alla società contemporanea, a come questa stia cambiando velocemente e come tutto ciò porti necessariamente dei cambiamenti all’interno della famiglia stessa. Basti solamente pensare al ruolo della donna – la quale un tempo si dedicava esclusivamente alla cura della casa e dei figli – che oggi, grazie ai movimenti emancipatori e indipendentisti, è radicalmente cambiato. Ad esempio, la maternità viene oggi vissuta differentemente, talvolta assumendo una connotazione negativa, quale ostacolo alla carriera lavorativa ovvero ai ruoli tradizionali all’interno del modello familiare del passato.
Come possono i genitori aiutare i figli?
La letteratura e la clinica mostrano come i familiari abbiano un ruolo chiave nell’affrontare i disturbi alimentari, unitamente ai professionisti clinici che hanno in carico il paziente. Anoressia, bulimia e obesità sono malattie che, in alcuni momenti, fanno sentire i genitori completamente impotenti e fortemente angosciati, creano disorientamento all’interno delle famiglie (a tal proposito mi permetto di segnalare, come strumento introduttivo al tema, il testo “Breve guida per genitori disorientati. Anoressia, bulimia, obesità e altri disturbi alimentari… si può guarire“), influenzano significativamente le relazioni familiari. Le madri e i padri si ritrovano confusi e spaventati, vivendo oppressi dal senso di colpa e, talvolta, affrontando i loro vissuti e le loro fatiche in solitudine. Non dobbiamo però mai dimenticare che i genitori possono aiutare i figli.
Gli amici: un supporto importante
Spesse volte non solamente i familiari diretti, ma anche gli amici più intimi sono profondamente coinvolti, invischiati e provati dall’anoressia, dalla bulimia o dall’obesità del loro amico. Non dimentichiamoci che, in alcuni casi, sono gli unici, o, quantomeno, i primi, a ricevere una confidenza o ad accorgersi della situazione. I sentimenti di impotenza, angoscia e disorientamento di fronte a questi disturbi caratterizzano anche la loro vita.
Per questa ragione si evidenzia la necessità di accogliere e sostenere i genitori, i fratelli e le sorelle, gli amici di persone che soffrono di un disturbo alimentare, fornendo loro adeguato supporto e spazi di parola per poter esprimere anche le loro fatiche connesse al rapportarsi con questa malattia del loro congiunto, del loro amico.
Cosa possono fare la famiglia, gli amici e gli insegnanti (laddove ci trovassimo davanti a disturbi alimentari della fanciullezza) per il loro caro che soffre di disturbi alimentari?
Anzitutto tenere sempre a mente che anoressia, bulimia e obesità sono malattie dell’amore, non disturbi dell’appetito
Di conseguenza è inutile soffermarsi sull’alimentazione in senso stretto (far notare al soggetto quanto mangia o non mangia) anche se è opportuno tenere sempre presente che le implicazioni sul corpo ci sono e che un elevato stato di denutrizione o di obesità ha delle conseguenze molto serie
Possono ricoprire un ruolo molto importante in fase preventiva, ad esempio diventando ascoltatori attivi, aiutando il loro caro a migliorare il proprio senso di autostima, riconoscendolo nella sua unicità, sottolineando e valorizzando questa soggettività e unicità, ripristinando la differenza dei ruoli
È importante essere disponibili e accoglienti, ascoltando senza giudicare, rispettando gli spazi, i tempi e le modalità relazionali di chi soffre
Ricordarsi che i familiari e gli amici da soli non possono curare chi soffre di anoressia, bulimia e obesità, ma che sicuramente possono essere un valido sostegno in affiancamento a professionisti del settore
Se desideri approfondire l’argomento, mi permetto di consigliarti i due testi qui sotto dove troverai una chiara e semplice introduzione a queste tematiche, tanti esempi, spiegazioni e strumenti utili per comprendere meglio queste patologie.
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Psicologa Psicoterapeuta Specialista in Psicoterapia Psicoanalitica Partecipante della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi del Campo Freudiano Socio SIRIDAP Socio SISDCA
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