“Non riesco più a sedermi sulle sedie”: obesità di natura psicologica
Obesità di natura psicologica: i dati qui sotto presentati sono certamente indicativi di quanto stia accadendo nella società contemporanea e meritano un’attenta e profonda riflessione, soprattutto in ottica preventiva. Potrebbe essere importante soffermarsi a considerare che le obesità non sono tutte uguali, in quanto, dietro al peso indicato dalla bilancia, sul quale troppo spesso fissiamo il nostro sguardo, vi è un soggetto, un soggetto probabilmente abitato da un’importante sofferenza – basti pensare, ad esempio, a quante persone obese o in grave sovrappeso soffrono di un Disturbo da Alimentazione Incontrollata, noto anche come Binge Eating Disorder (B.E.D.).
“L’obesità, uno dei principali problemi di salute pubblica, è causata nella maggior parte dei casi da stili di vita scorretti; è quindi una condizione ampiamente prevenibile […] Secondo dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la prevalenza dell’obesità a livello globale è raddoppiata dal 1980 ad oggi; nel 2008 si contavano oltre 1,4 miliardi di adulti in sovrappeso (il 35% della popolazione mondiale); di questi oltre 200 milioni di uomini e oltre 300 milioni di donne erano obesi (l’11% della popolazione mondiale). Nel frattempo, il problema ha ormai iniziato ad interessare anche le fasce più giovani della popolazione: si stima che nel 2011 ci fossero nel mondo oltre 40 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni in sovrappeso.”
Obesità di natura psicologica: approfondiamo alcuni fattori
Fattori psicologici e volontà
Risulterebbe importante poter guardare a questo fenomeno della contemporaneità con un’apertura a 360 gradi al fine di interrogarsi su quanto il fattore psicologico incida su questi “stili di vita scorretti” e concorra ad un significativo aumento ponderale, con tutte le conseguenze che i soggetti in forte sovrappeso o obesi sperimentano quotidianamente (per un breve approfondimento clinico intorno al tema dell’ascolto nell’obesità si rimanda all’articolo “Obesità: fra ascolto e ‘normalizzazione’. Due note di clinica psicoanalitica” apparso sulla prestigiosa rivista Torino Medica).
Il tema, o meglio il pregiudizio, sulla volontà, sulla mancanza di volontà, sulla scarsa forza di volontà nell’ obesità di natura psicologica e nel sovrappeso, ritorna spesso quando ci si accosta a questo particolare disturbo del comportamento alimentare e al Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder o B.E.D.), dove la mancata diminuzione ponderale viene additata come conseguenza di una pigrizia soggettiva, di debole impegno, di una scarsa attenzione e cura di sé… senza accorgersi che questi stereotipi non corrispondono alla totalità dei casi, innanzitutto, e, per di più, possono risultare profondamente dannosi, a mio umile parere, in quanto rischiano di indirizzare il discorso sociale, e il soggetto stesso, su una falsa pista (per saperne di più mi permetto rimadare al mio libro “Obesità, sovrappeso e disturbi alimentari: una lettura psicoanalitica”).
Fattori genetici e sociali
Vi sono certamente delle condizioni genetiche e/o sociali (es. sedentarietà, metabolismo, assunzione di determinati farmaci, …) che facilitano l’aumento ponderale, tuttavia, tra un lieve o moderato sovrappeso e un’obesità tale da impedire o, comunque, limitare significativamente alcuni atti della vita quotidiana, vi è una differenza significativa. Può capitare a tutti di eccedere con il cibo, durante le festività che diventano un susseguirsi di pranzi e cene luculliane, ovvero a causa di un momento di particolare difficoltà e sconforto che ci porta a coccolarci con una tavoletta di cioccolato, ma altra cosa è giungere alle soglie dei 150 kg, a quella condizione per cui “non riesco più a sedermi sulle sedie”. Questo “eccesso eccessivo”, una volta che sono state escluse condizioni mediche, porterebbe a pensare che vi sia un altro piano sul quale soffermarsi.
Effetti dell’obesità
L’importante sovrappeso e l’obesità portano, generalmente, con sé diverse difficoltà, oltre alle già menzionate fatiche nel compiere semplici atti della vita quotidiana (es. camminare, salire le scale…), è possibile che insorgano problemi sul lavoro – i pazienti lamentano con frequenza di non essere stati assunti o allontanati dal posto di lavoro a causa della loro mole (completamente vero o solo parzialmente vero, questo dato non andrebbe trascurato). Vengono altresì segnalate importanti difficoltà nelle relazioni interpersonali e affettive unitamente ad un aumento dell’ansia, di momenti depressivi, ad un abbassamento dell’autostima, fino ad un significativo ritiro sociale.
Non è infrequente osservare come i bambini obesi siano spesso oggetto di bullismo da parte dei compagni di scuola (come possiamo leggere nell’articolo “Obesità e bullismo. Un pericolo insidioso che può essere sconfitto.”) e gli adulti obesi di discriminazione, isolamento e svalutazione.
L’incontro con uno psicologo, uno psicoterapeuta, potrebbe, magari, aiutare il soggetto a riflettere, ad esempio, su ciò che l’ha condotto ad essere in grave sovrappeso o, addirittura, obeso, ma anche a soffermarsi sulle condizioni che, attualmente, lo affaticano, non permettendogli di calare di peso, nonostante la volontà (per un piccolo approfondimento sul tema si rimanda al breve articolo “Incontrare uno psicologo?!” “E perché no?”).
Se è possibile pensare all’obesità e al sovrappeso come espressioni soggettive e non sempre riducibili a condizioni mediche e a scarsa forza di volontà del soggetto di darsi dei limiti rispetto al cibo, perché non provare a riflettere un po’ sugli aspetti psicologici che rendono difficile, ad esempio, mettere questi limiti nel rapporto con il cibo?
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