Sport e psicosi?! Un connubio possibile. Valenza clinica della “sport-terapia” nei pazienti psichiatrici
Oggi parliamo di un tema molto interessante, ma poco dibattuto: sport e psicosi. Numerosi studi scientifici dimostrano che l’attività sportiva, realizzata in percorsi strutturati e con obiettivi chiari e definiti, migliora il benessere psicologico e determina molteplici benefici sul piano fisico. I benefici che possono essere conseguiti attraverso l’attività sportiva riguardano in particolar modo il benessere psicologico, l’aumento dell’autostima, una migliore immagine di sé (fisica e psichica) e un aumento del senso di sicurezza oltre che dell’autocontrollo. Basti pensare che proprio le persone con più bassa autostima, come le persone obese, gli anziani e i malati traggono i migliori effetti. Alcuni benefici possono anche essere di natura prettamente fisica, ad esempio la diminuzione del peso corporeo o una migliore qualità del sonno, che può influire a livello psicologico e portare ad una riduzione dell’ansia e dei momenti depressivi, stabilizzando il tono dell’umore tramite un lavoro sulle emozioni, il quale porta anche verso una riduzione dello stress migliorando il benessere globale percepito al soggetto e la felicità. L’evidenza dei test clinici dimostra che l’esercizio fisico può essere utile per curare la depressione. Alcuni cambiamenti sono visibili anche nel campo della socializzazione, del miglioramento delle abilità logiche e delle performance cognitive (miglioramento della velocità dei processi di elaborazione) e le funzionalità mentali (come la capacità di prendere decisioni, quella di pianificare e la memoria a breve termine). (AA.VV., 2009)
Attività sportiva e ansia
Un tema più dibattuto e dai risvolti ancora controversi e irrisolti, riguarda l’effetto dell’attività sportiva sull’ansia. La letteratura suggerisce un effetto generale di riduzione in un arco di valori dal debole al moderato; tuttavia è stato anche osservato in ricerche recenti, che specifici trainings di allenamento contribuiscono a migliorare sia l’ansia di stato (è passeggera ed è provocata da circostanze contingenti, come una gara, e si dissolve subito dopo) che l’ansia di tratto (elemento relativamente stabile della personalità, secondo la psicanalisi è il sintomo di un conflitto inconscio) in misura addirittura paragonabile alla psicoterapia.
Nei soggetti non affetti da ansia o depressione è stata comunque verificata la relazione positiva tra attività fisica e benessere psicologico, anche quando la pratica sportiva sia limitata.
L’autostima ha una sua importanza non trascurabile in quanto, oltre ad essere un indicatore di salute mentale, è anche significativamente correlata ad una migliore salute fisica. Pertanto la pratica sportiva e il miglioramento della salute hanno effetti significativi anche su questa componente. [1]
Sport e psicosi
Attraverso lo sport il paziente psichiatrico sperimenta la gratificazione che deriva dal sentirsi utili e sul piano psicologico ciò significa “io esisto, io posso fare” e aiuta a riacquistare la stima di sé diminuita in conseguenza della malattia, di molti ricoveri e spesso dall’impossibilità di mantenere un lavoro.
Lo sport di squadra preleva l’individuo dalla sua rete primaria e lo immette nella rete del gruppo sportivo. Lo sportivo è pertanto costretto a riconoscere, paragonare e contrapporre il suo modo di agire con quello di altri. Da questo processo ne deriva un’esperienza vitale, effetti costruttivi e terapeutici. Usualmente gli sportivi cercano di far gruppo, perché già la partecipazione collettiva ha effetti terapeutici di norma, ma raggrupparsi in senso sportivo ha un ulteriore effetto terapeutico perché in tal senso si viene a far parte di un “gruppo con compito da svolgere”, e non importa se questo compito possa apparire effimero (in tutti i gruppi nasce sempre, tra i membri, una funzione morale, informativa, costruttiva, di sostegno…). [2]
La convivenza tra più persone praticanti sport, facilita una maggiore socializzazione e permette di sperimentarsi in nuovi rapporti di amicizia che sarebbero difficilmente realizzabili senza l’evento sportivo.
L’attività sportiva permette al paziente psichiatrico di acquisire una crescente autonomia offrendogli numerose occasioni di ri-socializzazione, intesa come integrazione sociale in un ambiente più ampio, in cui vi sono le condizioni per nuovi e stimolanti incontri che possono permettere al soggetto di esprimersi e confrontarsi anche al di fuori del suo mondo famigliare.
Lo sport agisce stimolando il rispetto della propria persona e il senso della propria dignità mediante la riappropriazione di una realtà psicologica individuale; questo recupero si ottiene realisticamente attraverso una maggiore conoscenza di se stessi, delle proprie effettive possibilità, attitudini e risorse, l’incontro e l’accettazione dei rispettivi limiti.
Con l’attività sportiva l’individuo è portato ad acquisire maggiore sicurezza nelle proprie possibilità motorie, e l’esistenza di un coinvolgimento emotivo determinato dalla pratica stessa, stimola il conseguimento di risultati positivi ottenuti mediante senso di autoaffermazione e di autostima.
Valenza clinica della “sport-terapia”
La “sport-terapia” permette di scaricare le tensioni psicologiche e di prendere contatto con determinati stadi emotivi in maniera più diretta, immediata e rapida rispetto ad una psicoterapia, individuale o di gruppo -anche se non può sostituirsi ad essa. Si rileva comunque come questa “esplosione” improvvisa di emotività, che coglie spesso di sorpresa sia il soggetto, sia gli operatori, vada innanzitutto contenuta mediante una funzione di holding e successivamente rielaborata con adeguati strumenti affinché questa diventi un’esperienza positiva, costruttiva e costituente. Il pallone, la spada, la racchetta, funzionando da elemento disturbante l’attenzione, riesce, smorzando momentaneamente le difese psicologiche primarie e secondarie, a lasciare maggiore libertà di azione all’inconscio che si manifesta apertamente e, a volte, in maniera irruente. È quindi utile rielaborare successivamente, in sede di colloquio, quanto avvenuto cercando di attribuire un senso.
Lo sport aiuta inoltre a fare i conti con aspetti negativi della malattia come: paura, angoscia, ansia, depressione, che determinano frustrazione e chiusura autistica verso il mondo esterno; porta inoltre a misurarsi con l’aggressività nella sua accezione positiva di assertività, ovvero la capacità di modificare l’ambiente rispetto alla possibilità di prendersi uno spazio vitale e impadronirsi delle cose. Il paziente psichiatrico inserito nel programma di sport-terapia può imparare ad esprimere e confrontarsi con l’aggressività che trova espressione in modo simbolico e rituale nella competizione.
Il gruppo sportivo si può configurare come il contesto per eccellenza dove l’aggressività può trovare un’espressione manifesta consentendo, mediante il confronto con gli avversari, di ingaggiare una lotta e rivaleggiare per la vittoria, nel rispetto delle regole, senza che ne consegua una distruzione dell’altro, dove si impara inoltre ad accettare la sconfitta e a gestire la rabbia derivante dalla frustrazione senza lasciarsene sopraffare. L’attività sportiva può permettere al soggetto con disabilità mentale di esprimere in una modalità socialmente accettata questo sentimento e imparare un autocontrollo della stessa. Il gioco permette inoltre di vivere e sperimentare l’aggressività in una nuova dimensione, come esperienza emotiva non necessariamente distruttiva, ma anzi utile per se stessi e per la squadra e direzionabile costruttivamente verso un obiettivo. È quindi possibile sperimentare la perdita di controllo e l’ira e osservare che questo non cagiona danno né a sé né all’avversario, ma può anzi essere tollerata dentro le logiche “agonistiche” ed essere funzionale se letta come manifestazione dell’investimento e del desiderio singolare su quella partita.
L’attività sportiva permette di sperimentare nuovi sentimenti e di poterli liberamente vivere e interiorizzare sperimentando un’esperienza nuova.
Il corpo è, nello stesso tempo, luogo di impressioni e di espressione dell’emotività poiché il piacere e la sofferenza incidono sul comportamento e modificano l’atteggiamento corporeo. Lo sport si configura inoltre come una particolare forma di linguaggio e di comunicazione, che avviene attraverso la mediazione del corpo.
L’attività sportiva, intesa come crescita motoria, è fondamentale per il paziente psichiatrico che ha la tendenza a lasciarsi andare alla sedentarizzazione, con conseguente aumento ponderale, e alla trascuratezza negli aspetti della cura del sé; questa attività ha infatti valenze che vanno ad abbracciare la totalità dell’individuo sia dal punto di vista psicofisiologico che sociale.
La pratica di una disciplina sportiva, può aiutare a sviluppare delle capacità di organizzazione spazio-temporali in quanto gli utenti si troveranno ad agire e muoversi in uno spazio definito, nel quale dovranno ambientarsi e coglierne i limiti e le caratteristiche e affinare la percezione e l’orientamento temporale – da intendersi come capacità di percepire il trascorrere del tempo ed il susseguirsi di determinati eventi.
Non è da sottovalutare inoltre la funzione di holding che può avere per il soggetto schizofrenico la pratica di una disciplina sportiva caratterizzata da regole e limiti ben precisi, nel senso di un ulteriore punto di riferimento nella sua vita affettiva e sociale.
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1. Non intendo usare questa affermazione in senso assoluto. Ho solamente riscontrato che in alcuni casi, per taluni soggetti, il passaggio è più breve se si utilizza uno strumento di “mediazione” come può essere il pallone.
Bibliografia
[1] “Atti del convegno III forum mediterraneo di Medicina dello Sport – Confronto multidisciplinare in Medicina dello Sport” Soc. Coop. Nuova Stampa, Trapani.
[2] Artusio F. (1985), “Psicologia e Psicoanalisi dello sport”, Umbertide, Perugia
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