Obesità: fra ascolto e ‘normalizzazione’. Due note di clinica psicoanalitica

Quando ci si confronta con il tema “obesità” immancabilmente ci si ritrova a parlare di diete, esercizio fisico e piani alimentari per ottenere un calo ponderale, ma tutto ciò è veramente efficace? […]
Le persone obese tendono ad essere persone eccessive, non solo nelle forme corporee, ma anche nel valore che attribuiscono all’Altro, nella dedizione che rivolgono all’Altro, nella quantità e nella frequenza del cibo che assumono.
La psicoanalisi evidenzia che non è sufficiente che il neonato venga nutrito adeguatamente perché sopravviva e che non bisogna confondere il registro del bisogno con il registro del desiderio.

I dati mostrano come nel “2015 il 45,1% della popolazione dai 18 anni in su è in eccesso di peso (35,3% in sovrappeso, 9,8% obeso), il 51,8% è in condizione di normopeso e il 3,0% è sottopeso” (Fonte: Istat) […]

Nella società contemporanea l’offerta di cibo è abbondante e sempre disponibile e ciò fa sì che il cibo stesso venga ad acquisire una nuova funzione, quella di tappo. Il cibo può otturare, soddisfare, un bisogno, la fame ma anche mettere a tacere qualcosa che va al di là della stessa fame, che punta a qualcosa d’altro, di enigmatico che ha a che fare con l’Altro, che riguarda l’Altro. […]

L’utilizzo dell’oggetto cibo permette al soggetto obeso di non passare attraverso il rapporto con l’Altro, attraverso il legame con l’Altro, attraverso il desiderio dell’Altro. Introiettando l’oggetto il soggetto copre la mancanza dell’Altro, nega la sua perdita, l’incompletezza dell’Altro, ma, soprattutto, si nega quella separazione che gli consentirebbe di diventare soggetto autonomo e separato in grado di costruire con l’Altro una nuova relazione, una dipendenza matura e non più simbiotica. […]

Il soggetto obeso, ma non è l’unico, desidera essere cercato e riconosciuto dall’Altro per ciò che è, non per le sue forme che, in alcuni casi, possono configurarsi come l’icona della protesta. Questo ci consente di comprendere come il rapporto instaurato dal soggetto con il suo peso e il suo corpo abbia un valore intrinseco importante, da comprendere, rispettare e dialettizzare. […]

Il disturbo alimentare può essere letto come un sintomo che mette in evidenza la domanda d’aiuto quale domanda d’amore all’Altro, articolata non attraverso la parola ma usando il corpo che si fa segno, segno della domanda. […]

La versione integrale dell’articolo è disponibile sul sito della prestigiosa rivista scientifica Torino Medica (la rivista online dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino) alla pagina Obesità: fra ascolto e ‘normalizzazione’. Due note di clinica psicoanalitica

 

Dott.ssa Valentina Carretta